Arte organaria
Presso il Museo Civico di Crema e del Cremasco abbiamo realizzato in collaborazione con Bonizzi Organi un’installazione chiamata: l’Organologomatico.
Marcello Palmieri – Avvenire: Storia della musica. A Crema il primo museo dell’arte organaria
“Nella stanza d’ingresso, sulla sinistra, il pezzo forte dell’esposizione è una novità senza precedenti. Una realizzazione multimediale, per la quale nemmeno esisteva un nome. I suoi inventori, i tecnici dello Studio Base2, l’han chiamata organologomatico. Letteralmente significa “strumento automatico che parla dell’organo”, ma la definizione gli rende giustizia solo se il verbo “parlare” viene inteso nel senso più ampio possibile. Perché sì, quel marchingegno parla “fisicamente” (diversi video spiegano le differenze tra organista e organaro, illustrano le canne e la meccanica dello strumento, rievocano la vita di Petrali…) ma il suo valore aggiunto è l’interfaccia con il visitatore.
L’ organologomatico Per capirci: vedendolo da lontano, sembra un vecchio jukebox con qualche canna d’organo sulla sinistra (alcune sono a forma di tromba). Poi ti avvicini, e vedi che tastiera e pedaliera son quelle del re degli strumenti. Ad altezza di sguardo campeggia un video, appena sopra un’altra tastiera (stavolta multimediale) modello pianoforte. Sulla sinistra, a portata di mano, i “registri”: quei pomelli che negli organi veri inseriscono e disinseriscono i vari timbri di suono, e che nell’installazione cremasca attivano e disattivano i vari contenuti multimediali. Registri, ma anche note e accordi. Già. Perché per scoprire i più importanti organi al mondo e tutti quelli della diocesi di Crema, mappati nell’organologomatico, bisogna comporre sulla tastiera diverse consonanze musicali. Insomma: note che fai, organo che scegli. E con lo stesso meccanismo funziona pure l’ascolto di brani celebri. Poi è naturale: più uno se la cava con la tastiera, più gli è facile familiarizzare con l’aggeggio (che può essere usato anche come normale organo elettronico a un solo registro).
E’ difficile staccarsi da quel giocattolo: a star per lui dispenserebbe contenuti per ore senza ripetersi, ma il tempo è poco e la sezione museale non propriamente lillipuziana. Sulla parete opposta all’ingresso, una teca raccoglie le glorie di Giovanni Tamburini e Pacifico Inzoli. Medaglie, targhe, foto di antiche opere: tutto lì dà lustro ai capostipiti dell’arte organaria cremasca. E i tradizionali pannelli da parete, appesi poco sopra, sembrano voler bilanciare il futurismo dell’organologomatico.”